Assistenza a persone con fragilità o disturbi mentali, il lavoro essenziale dell’educatore
“Loro sono le persone che hanno più bisogno di sostegno psicologico in questi giorni, perché hanno pochi punti di riferimento per affrontare in modo autonomo paure e ansie”, dice Andrea Scannavino, educatore della Cigno Verde, riferendosi alle persone con fragilità o disturbi mentali di cui ci prendiamo cura organizzando attività in cooperativa.
Tutti noi stiamo reagendo alla crisi globale dovuta al nuovo Coronavirus, cercando di gestire in modo sano le nostre emozioni. C’è a chi risulta più facile, e chi invece deve impegnarsi per scacciare le eccessive preoccupazioni.
Poi ci sono i pazienti psichiatrici. Per loro è più difficile controllare da soli ansie, paure, e stress, soprattutto in questo periodo di drastici cambiamenti.
Il nostro educatore Andrea Scannavino attualmente segue tre persone che hanno bisogno del suo intervento, perchè più sole. Un servizio essenziale commissionato dal dipartimento di salute mentale dell’azienda USL.
Parola dall’educatore
“Personalmente sto seguendo tre persone, quelle più sole. Il mandato del Dipartimento S.M. è quello di sostenerli nella quotidianità, con incontri domiciliari, limitando il più possibile i loro spostamenti“, spiega Andrea Scannavino. “Gli altri ragazzi che normalmente assistiamo, invece, sono tutelati dalle proprie famiglie. Con loro il nostro lavoro viene svolto a distanza: continuiamo a sentirli al telefono, a mandare loro foto delle attività fatte nei mesi scorsi, li sollecitiamo a produrre materiale che poi useremo al loro ritorno, e soprattutto restiamo in contatto costante con le famiglie, coi medici e con gli operatori del DSM di riferimento, per monitorare le singole situazioni in questo periodo di ‘ferie forzate’ per i ragazzi”.
Per il supporto alla socialità le modalità di intervento si sono adattate all’emergenza: “Non vengono più in cooperativa, sono io che vado da loro. Da alcuni utenti tutti i giorni, da qualcuno una volta a settimana o perché risiede lontano da Parma o perchè vive con i genitori anziani ed evitiamo di metterli in pericolo”.
E come stanno affrontando questo periodo? “Mi aspettavo peggio, invece sono bravissimi. Ma non è stato sempre così. Pensa che uno dei nostri ragazzi quando ha sentito per la prima volta il premier Conte parlare di pandemia, ha chiamato il 113, perché si è spaventato tanto. Soprattutto per loro questo periodo è molto delicato. Sono stati chiusi i luoghi a cui facevano riferimento: bar, negozi, biblioteche, compresi i laboratori e alcuni uffici della cooperativa. Si ritrovano soli, in una città vuota, senza sapere che fare. E stare con loro una volta al giorno, o una volta a settimana, li sta aiutando a mantenere un minimo di rassicurante quotidianità”.
Un lavoro umano a distanza di sicurezza
Uno dei provvedimenti più incisivi per contrastare la diffusione del Covid-19 è il distanziamento sociale: no strette di mano, no abbracci, ma rigorose distanze di sicurezza. Anche da questo punto di vista il lavoro degli educatori si è dovuto adattare: “Il contatto è fondamentale per loro, qualcuno me l’ha anche detto: ‘Come faccio? Io ho bisogno di abbracciare, di toccare…’. Gli ho proposto il saluto cinese con il piede, ed ora è diventato automatico salutarci così”.
“Non entriamo in casa dei ragazzi, per evitare il contagio degli ambienti domestici, usciamo all’aria aperta, con mascherine e rispettando le giuste distanze. Con un utente, ad esempio, ci vediamo ogni giorno alle 12:00 nel cortile di casa sua e chiacchieriamo. Con un altro facciamo delle passeggiate in centro, cerchiamo un posto soleggiato, ci sediamo, io su una panchina e lui su un’altra, e chiacchieriamo. Con chi abita fuori Parma facciamo delle passeggiate in campagna. Cose semplici che però aiutano, perché così i ragazzi capiscono di non essere soli, che qualcuno è lì per loro, anche se tutto il loro mondo è cambiato”.
L’importanza di sentirsi utile
È fondamentale stimolare i pazienti con attività affini alle loro capacità. Fortuna che alcuni dei nostri ragazzi sono degli abili scrittori. “A un utente, che ha già scritto una raccolta di poesie, gli abbiamo proposto di selezionarne qualcuna, per poi pubblicarle in rete e farle leggere anche ad altre persone. È stato contentissimo. Un altro, invece, ha deciso di scrivere il Decameron, che sta componendo seduto al tavolino di casa sua, quello vicino alla finestra. Gli ho promesso che quando l’emergenza sarà finita, e anche la sua raccolta di novelle, presenteremo il libro con una grande festa, e quindi prima o poi dovremo farla per forza”.
“Queste proposte – specifica l’educatore – sono utili per tenerli ancorati alla realtà, e alla speranza di poter tornare presto in cooperativa. Percepiscono che per noi il loro lavoro è sempre importante, e si sentono anche più motivati a seguire il percorso”.
Ma l’educatore in tutto questo come si sente?
“Mi sento un operaio del sorriso – risponde Andrea – e anche questa è un’attività essenziale perché dedita alla cura della persona. La situazione è strana e anche a me capita di sentirmi ‘strano’. Ma lavorare mi sta aiutando ad essere positivo, per trasmettere positività ai ragazzi. Sono contento di continuare ad offrire il mio intervento, perché sono persone che davvero hanno bisogno di vivere questa emergenza con tutti gli aiuti necessari”.